Richard Yates #6: Cold Spring Harbor (1986)

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richard-yates-cold-spring-harbor-librofiliaCold Spring Harbor è quasi certamente una delle zone residenziali di Long Island più ambite, ricche e facoltose ed è più che normale che un po’ tutti, più o meno segretamente, desiderino viverci:

Cold Spring Harbor era ben nota come una zona di «capitali di famiglia» – patrimoni dinastici di grossa o modesta entità, amministrati con oculatezza da una generazione all’altra -…



anche coloro i quali non possiedono i giusti requisiti monetari ma sarebbero disposti a tutto pur di farlo, anche a costo di vivere in quattro persone – più un bebè in arrivo – sotto lo stesso tetto o almeno, questa è la bizzarra proposta che la squilibrata e alcolizzata Gloria Drake, rivolge alla sua giovane figlia Rachel e a suo marito Evan Shepard, ragazzo di bell’aspetto e con un passato da ribelle e rissoso che però attraverso il matrimonio sembra aver finalmente messo la testa a posto.

Cold Spring Harbor Lab, Hillside Campus, Location: Cold Spring Harbor, New York, Architect: Centerbrook Architects
Cold Spring Harbor Lab, Hillside Campus, Location: Cold Spring Harbor, New York, Architect: Centerbrook Architects

Inizialmente, la proposta di Gloria Drake, appare allettante poiché permette alla giovane coppia di mettere da parte un po’ di denaro sia per l’imminente nascita del bambino ma soprattutto per il sogno segreto di Evan Shepard di iscriversi finalmente al college e diventare ingegnere meccanico, perché è un vero e proprio genio con i motori e desidera abbandonare l’odioso lavoro in fabbrica, dal momento che è stato respinto persino alla visita militare e con enorme dispiacere del padre – ex militare in pensione anticipata – ma con grande sollievo da parte di Rachel.

Ma secondo me ti accorgerai che qualche volta le cose finiscono per andare a posto da sole. Forse in questo momento, oltre a cercare di tenerti su il morale, tutto quello che puoi fare è aspettare e vedere cosa succederà.



Ben presto però, la convivenza della giovane coppia con Gloria Drake e suo figlio Phil – un adolescente goffo e inquieto – si rivela pesante e insostenibile, dal momento che la famiglia originaria di Rachel è talmente affettuosa, unita e melensa da rivelarsi soffocante e sia perché ora, dentro quelle quattro mura, la privacy è praticamente inesistente.

Era sempre importante avere un piano nelle situazioni in cui non si era completamente sicuri di se stessi; altrimenti qualsiasi opportunità di essere felice avrebbe potuto sfuggire ed essere persa per sempre.



E così, mentre il matrimonio fra Rachel ed Evan sembra prendere una piega sbagliata – nonostante l’imminente nascita del bambino – e lo stato psichico di Gloria Drake sembra peggiorare visibilmente, ecco piombare lo spettro della seconda guerra mondiale che minaccia ulteriormente gli animi della famiglia ShepardDrake e quelli dell’intera provincia americana degli anni Quaranta e che come al solito, finisce per rallentare e deviare ogni cosa.

Magari le cose del mondo servivano a ricordarti in continuazione che la tua vita era ingarbugliata e pericolosamente incompleta, che il terrore non era mai troppo lontano dal prendere possesso del tuo cuore…



Richard Yates, in Cold Spring Harbor descrive uno spaccato familiare talmente vivido, intenso e bizzarro da apparire terrificante e contemporaneamente divertente ma soprattutto continuamente minacciato da eventi avversi o semplice inquietudine, poiché ogni singolo membro della famiglia – compresa la famiglia originaria di Evan Shepard – fa di tutto per sopravvivere e per mantenersi a galla: c’è chi finge e ostenta la felicità o la malattia, c’è chi inizia – o riprende – una relazione extraconiugale o chi preferisce invece affidarsi alla bottiglia, sola e fedele compagna di vita.

Se uno sapeva quello che voleva, la forza e la libertà non gli sarebbero mai mancate…



Eh già, perché come già ampiamente dimostrato ed espresso anche nelle altre opere “yatesiane”, purtroppo alle storie e ai personaggi tratteggiati da Richard Yates non è concessa la felicità o il lieto fine, bensì è accordato solo un barlume di vita – grande quanto una crepa nel muro – nel quale destreggiarsi, cercando di sopravvivere e di non farsi sopraffare dai traumi e dagli eventi contrari.
Un po’ quello che accade praticamente a noi tutti anche nella vita reale, o sbaglio?


Cold Spring Harbor, Richard Yates, Minimum Fax, 2010 pp.243. Traduzione Andreina Lombardi Bom.


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