Hunter S.Thompson #2 – Hey Rube (2004)
Voler tracciare un profilo esaustivo di Hunter S. Thompson è un po’come voler rinchiudere dei selvaggi mustang dentro un recinto con la pretesa di domarli ad ogni costo: è praticamente cosa inutile e impossibile.
Hunter S. Thompson prima ancora di essere uno scrittore impossibile da classificare sotto un determinato genere letterario – sempre ammesso che esistano davvero i generi letterari – era un giornalista sportivo, divenuto tale nel momento in cui nel lontano 1958 vide la finale di football tra i New York Giants e gli Indianapolis Colts e che attraverso il suo sguardo arguto e la sua penna ironica, sarcastica e disincantata diede vita ad uno stile di scrittura innovativo e assolutamente unico nel suo genere chiamato Gonzo Journalism e costituito da giornalismo convenzionale, artifici narrativi e impressioni personali, sempre utile per fornire un’informazione reale e libertaria ma soprattutto un punto di vista personale e originale su avvenimenti e situazioni.
E forse, nessuna opera meglio di Hey Rube – che prende il nome da un’espressione coniata negli anni Sessanta dai gruppi di giostrai truffaldini che così chiamavano gli stolti da derubare- tende ad evidenziare le caratteristiche tipiche della scrittura di questo eccentrico personaggio proveniente dal Kentucky, sia perché raccoglie al suo interno ben 83 articoli molto disparati fra loro e selezionati fra tutti quelli pubblicati nella sua omonima rubrica tenuta sul portale di Espn e sia perché la sua data di pubblicazione coincide con uno dei periodi più cupi e oscuri dell’America contemporanea.
Hunter S. Thompson – che si chiede ripetutamente come mai, nonostante la presenza del web e dei mass-media, si è purtroppo ancora schiavi di falsità e di cattiva e approssimativa informazione – inizia a scrivere questa rubrica nel 2000, poco prima delle elezioni presidenziali che porteranno alla vittoria di George Bush, per il quale il nostro Thompson non nutriva di certo grande rispetto e ammirazione, così come per l’intera macchina politica:
Ammettiamolo: l’unico sport veramente violento in questo paese è la politica ad alti livelli. Puoi intrallazzare un po’ con lo sport e col gioco in borsa, ma quando comincia a farti gola la Casa Bianca non si scherza più. Questa è gente che scommette sul serio, e non c’è nulla che farebbe per vincere.
Questi ladri alla Casa Bianca sono così pazzi di ingordigia e potere, e stanno causando così tanti danni permanenti al mondo in cui viviamo, che bisognerebbe mettere loro sotto processo per tradimento.
per poi uscirsene fuori con affermazioni del genere:
Vado a letto così domani posso andare in città a votare. È un’altra abitudine che vi raccomando. Non è granché, ma è la sola arma che abbiamo contro quelle teste ingorde.
Gli 83 articoli contenuti nel libro sono infatti scritti fra il 20 novembre 2000 e il 13 ottobre 2003, un periodo storico nel quale l’America era in crisi profonda, immersa nel panico e nell’incertezza e senza prospettive per il futuro ma con una particolare inclinazione verso la guerra e verso la violenza cieca:
…ma che io sia buttato nella merda se mi ricordo di un anno nella vita di questa nazione con uno sfondo più squallido e inquietante di quello che abbiamo oggi.
ed è proprio per questo motivo che Hunter S. Thompson si sente in dovere di raccontare l’America a modo suo, utilizzando lo sport come metafora e come escamotage per parlare di tutt’altro, ad esempio di: avvocati e tribunali:
È per questo che si pagano gli avvocati – per fare un lavoro spietato che nessuno farebbe o vorrebbe fare, se non per denaro.
State lontani dalle aule di tribunale – ma se dovete entrarci, fatelo ben armati e senza compromessi. Siete innocenti. Ricordatevelo. Loro sono i colpevoli.
di nuovi ricchi:
Un’altra legge di natura è che quando troppi idioti diventano ricchi tutti insieme, saliranno naturalmente ai vertici e prenderanno un numero sempre maggiore di decisioni esecutive che peseranno sulle vite di un numero sempre maggiore di persone.
di troll:
Qualsiasi sfigato con un computer da due soldi può collegarsi a internet e spargere voci terrificanti su bombe che esplodono a Dallas o metà della popolazione di San Francisco sterminata in tre giorni da una nuvola scura di febbre malarica che è arrivata con un vento vagabondo dalla Mongolia… Senza dubitare nemmeno un attimo che queste cose potrebbero essere vere. Questa è la splendida perversione dei pettegolezzi nel ventunesimo secolo. Niente è impossibile.
e di scommettitori (tra le altre cose Hunter S. Thompson era un drogato di scommesse sportive!).
Nelle scommesse sportive quello che conta è solo il totale a fine giornata, e se non ne vinci due su tre è il momento di chiudere l’attività. Ti chiameranno perdente senza speranza e tua moglie presenterà istanza di divorzio. Arriveranno strani individui in completo nero e ti butteranno giù la porta a calci. Questo è il destino dei perdenti in questo paese.
Hunter S. Thompson è così sincero e spietato a tal punto da non risparmiare nemmeno se stesso nei suoi articoli e così mentre guarda in tv le partite di basket o di football in compagnia dei suoi amici, scommettendo pesantemente, fumando hashish e bevendo champagne, scrive della sua professione:
Io sono un giornalista sportivo per natura. Ho un dono in questo senso, un talento dato da Dio. Dopo aver scoperto che era possibile dormire fino a tardi e andare a lavoro alle due del pomeriggio, e prendere pure dei soldi per questo, non ho più fatto altro.
del suo carattere:
…ho sempre creduto che chiunque abbia uno stile di vita oltraggioso come il mio dovrebbe avere una fedina penale senza macchia, anche solo per ragioni di karma.
del suo matrimonio:
Il romanticismo autentico è sempre esilarante per noi drogati, e mi piace.
del suo odio verso il bowling (compreso quello nudista), verso il baseball (troppo lento e monotono) e verso la boxe moderna (troppo truccata e artefatta) e della sua insana passione verso il football, il basket e le scommesse:
Sono un romantico per natura e uno scommettitore per istinto – e posso dirti di sicuro, piccola Xania, che nel mio mondo perdere è un rischio del mestiere. Tutti gli scommettitori perdono con regolarità, ma di rado ne parlano in pubblico. Perdere fa male alla tua immagine, amico. Nessuno accetta una dritta da un perdente. Ricordatelo.
Ovviamente senza dimenticare mai i temi più caldi e cruciali di quel determinato periodo come l’attentato alle Torri Gemelle, la pericolosa e costosissima guerra contro l’Iraq e contro il terrorismo, la figura di Osama Bin Laden:
Ora le torri sono sparite, ridotte in macerie insanguinate, insieme a tutte le speranze di un’epoca di pace, negli Stati Uniti o in qualunque altra nazione. È bene essere chiari: adesso siamo in guerra – con qualcuno – e resteremo in guerra con questo nemico strambo e misterioso per tutta la vita.
Sarà una guerra di religione, una specie di Jihad cristiana, alimentata dall’odio religioso e portata avanti da fanatici senza pietà che stanno in entrambi gli schieramenti. Sarà una strategia di guerriglia su scala globale, senza un fronte e senza un nemico identificabile.
Eppure, nonostante il suo temperamento sempre sopra le righe, Hunter S. Thomposon era un patriota e un pacifista convinto, amante della lealtà e della continua ricerca di azione e di adrenalina – nella sua vita così come nelle sue passioni – e proprio attraverso i suoi articoli e le sue opinioni politiche spietate e sempre pronte a demonizzare il marcio e la corruzione ma pur sempre con un senso dell’umorismo arguto e incattivito che ci ricorda di come lo sport non sia poi molto diverso dalla politica:
…in America lo sport ad altri livelli e la politica ad alti livelli non sono troppo lontani tra loro. Entrambi sono dei mezzi verso il medesimo scopo, che è la vittoria…
eppure forse proprio lo sport è l’unica via di fuga per tutti quegli americani che hanno fame di intrattenimento e di violenza e che vivono lo sport come qualcosa di necessario e di vitale.
Dopo aver terminato la lettura di Hey Rube sono ancora più convinta di due cose, la prima è che solo l’America del libero giornalismo poteva permettersi un giornalista sportivo – che poi definirlo tale risulta molto riduttivo – come Hunter S. Thompson e la seconda è che quest’uomo era davvero una leggenda vivente, poiché in tutto quello che faceva non risparmiava mai se stesso e la sua arte.
Hey Rube, Hunter S. Thompson, Fandango, 2010 pp.289. Traduzione Fabio Genovesi.