Marta Barone e la sua Città Sommersa: quando una storia diventa la Storia

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Ogni vita merita sempre di essere vissuta, fino in fondo, e soprattutto meriterebbe di essere raccontata specialmente quando una storia, apparentemente come tante, finisce per miscelarsi con la Storia di una nazione intera.

E questo, è quello che fa la scrittrice e traduttrice torinese Marta Barone, dalle pagine del suo Città sommersa, nel quale ricostruisce la storia e il passato di suo padre L.B.: un uomo con il quale ha avuto poche frequentazioni – vivendo in case diverse per circa vent’anni – e un rapporto difficile e abbastanza conflittuale, fatto di parole superflue e di silenzi. E così, partendo dal rinvenimento della memoria difensiva del processo a banda armata (dal quale è stato successivamente assolto), Marta Barone avverte il desiderio di scoprire qualcosa di più su quella persona che è diventata immediatamente estranea e sconosciuta ai suoi occhi ma soprattutto ai suoi ricordi. 

Gli adulti sono dati di fatto e misteri insondabili; gli adulti vanno e vengono, i loro visi appaiono e scompaiono, le stanze dove abitano esistono da sempre e insieme si producono per la prima volta nel momento stesso in cui tu, primo essere umano sulla terra, ne varchi la soglia. A volte sono passeggeri, a volte sono immutabili come le montagne. Non ti fai domande su di loro.

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L.B. è sempre stato un uomo generoso, carismatico, esuberante ed enigmatico, a tal punto da suscitare nella gente sentimenti contrastanti, abile ad infatuarsi facilmente delle persone ma incapace di avere rapporti di amicizia in grado di sopravvivere al tempo e alle aspettative deluse.

Ben presto, proprio lui che aveva sempre diviso la sua vita in compartimenti stagni e che non accennava mai al suo passato, diventa per sua figlia una sorta di puzzle del quale rinvenire i numerosi pezzi mancanti, nel tentativo di incastrarli tra loro e per cercare di catturare quel qualcosa di indefinito, nascosto proprio dietro quella figura esile, semplice e indifesa che lei stessa aveva sempre osservato con occhi sfuggenti.

Sapevo che quello era un momento importante e irreversibile. Sapevo che stavo per dare il via a qualcosa che avrebbe segnato un prima e un dopo nella mia vita.

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E così, per Marta Barone, si apre uno scenario completamente diverso e inedito, contraddistinto dal passaggio di L.B: da rigoroso studente universitario a fervido militante politico in ambienti di estrema sinistra autonoma, scaturiti poi in vera e propria eversione armata, che hanno finito per segnare uno dei capitoli più contraddittori della Storia italiana dal Dopoguerra in poi.

Dentro Città sommersa c’è, infatti, lo sfaldamento di un sogno, del desiderio e delle aspettative (non solo politiche) ma anche la solitudine della città di Torino che, improvvisamente, diventa duplice ed estranea esattamente come la figura di L.B. ma anche il passato, i ricordi e la memoria perché senza memoria non può esservi alcuna storia.

Non è soprattutto di parole superflue e silenzi che è fatta la vita con chi abbiamo amato, quando cerchiamo di ricordarla?

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E ricostruire il passato di una figura tanto importante come quella paterna, attraverso i racconti delle persone che lo hanno conosciuto e frequentato, può diventare un atto di coraggio estremamente faticoso e doloroso perché non c’è nessuno accanto a dare una mano ma soprattutto una spiegazione o una possibile chiave di lettura. E così, si rischia di venire letteralmente travolti da quello tsunami di informazioni e di emozioni, dal quale ci si può provare a difendere utilizzando come unico salvagente solo e soltanto le proprie forze.

Marta Barone

Scendere più a fondo, in un passato come quello vissuto da L.B., significa riaprire vecchie ferite forse mai del tutto sanate eppure, Marta Barone attraverso il suo Città sommersa, non punta mai il dito contro quello che c’è stato e contro quello che suo padre ha rappresentato in uno dei momenti storici più difficili, complessi e contorti di tutta la Storia italiana. Allo stesso tempo, non cerca di santificare l’uomo dietro la storia e né tanto meno, avverte una smodata ossessione per le radici o per la ricerca di un senso di appartenenza ad ogni costo semmai si limita a ricostruire e a raccontare una storia, nel migliore dei modi, che può aiutare a comprendere le dinamiche di tutto quel periodo e di ciò che n’è scaturito dopo.

La verità è che anche ora non posso sapere niente di quello che pensava o sentiva. Ho solo questa manciata di ricordi altrui, svuotati di ricchezza dal tempo trascorso, distorti dalla memoria. Non posso sapere niente di quello che lui pensava o sentiva, e questa è una condizione irrimediabile. Non solo perché non posso più chiederglielo: ma perché non è possibile, ancor meno possibile rispetto a noi stessi, avere un’idea (figurarsi restituirla) della totalità della vita di un’altra persona. Sappiamo a malapena qualcosa di noi, e spesso quel qualcosa è anche sbagliato.

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Ho apprezzato molto Città sommersa che non è un saggio, una ricostruzione storica, un memoir ma nemmeno un romanzo bensì è un libro ibrido nel quale spiccano la sincerità, l’onestà e la tenerezza con la quale Marta Barone ha affrontato questo lavoro di ricerca e di ricostruzione di una storia piena di buchi senza poterla però ascoltare da chi quella Storia l’ha vissuta in prima persona.

Città sommersa, Marta Barone, Bompiani, 2020 pp.296.

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