Io sono Red Baker: Robert Ward racconta il fallimento e la provincia

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Io sono Red Baker

Non ho mai avuto un debole per i libri che devono necessariamente propinarti un lieto fine e nemmeno per quelli che devono insegnarti qualcosa ad ogni costo e lo stesso discorso potrebbe, del resto, valere anche per le persone.

Sarà che non ho mai creduto nel lieto fine perché, dopotutto, la vita stessa non ne prevede uno sul finale ma credo nella lenta e tortuosa decompressione fatta per raggiungere una qualsiasi forma di equilibro ma soprattutto nel potere delle storie e di chi le racconta, meglio ancora quando sono state scritte con l’inchiostro intriso nel sangue o quando nascono direttamente dallo stomaco e sono capaci di toccarti le viscere.

Mi piacciono le storie che hanno come protagonisti i falliti, i reietti e quelli che fanno di tutto per redimersi e l’attimo dopo sono con le ginocchia affondate in tutto quello da cui cercavano di liberarsi. Li conosco benissimo questi soggetti perché, tante volte, sono stata una di loro.

Ho un debole, infatti, per le storie delle persone che cadono e che si rialzano, nonostante i lividi e le cicatrici ma anche per quelle erose dai sensi di colpa ma comunque bravissime a bluffare.

Io sono Red Baker: un piccolo capolavoro targato Robert Ward

Leggendo Io sono Red Baker – questo piccolo gioiellino scritto da Robert Ward e passato, purtroppo, quasi in sordina – ho provato contemporaneamente rabbia a tenerezza per il protagonista del libro: un uomo che, alla soglia dei quarant’anni, viene licenziato dall’acciaieria presso cui ha lavorato per ben dodici anni che, all’improvviso, decide di chiudere i battenti e mandare a casa tutti i suoi dipendenti e così, da un giorno all’altro, Red Baker si ritrova disoccupato e con la difficoltà di trovare un nuovo impiego.

Era sempre stato così. Era la filosofia di Red Baker: sei sempre con la testa nel fango ma, fin quando puoi respirare, continui a essere in vantaggio.

pp. 16

Siamo a Baltimora ed è il 1983 e per Red Baker e suoi ex colleghi – compreso il suo fraterno amico Dog – la perdita del lavoro è davvero un duro colpo e con la crisi che imperversa è davvero difficile trovarne uno nuovo e così, non resta altro che trascorrere il tempo standosene incollati alla bottiglia e con i sensi perennemente alterati, grazie all’alcol, alla droga e alle scazzottate.

Io sono Red Baker
Baltimora (MD.)

Red Baker, prima ancora di essere un ex dipendente dell’acciaieria appena fallita, è un marito e anche un padre e questa nuova e folle condizione da disoccupato finisce, inevitabilmente, per mettere a repentaglio la sua incolumità ma anche quella della sua stessa famiglia.

E così, tra incontri extraconiugali con una spogliarellista di un club con la quale sogna di fuggire in California, risse, sbronze e guai di ogni natura nei quali finisce per cacciarsi, Red Baker compie la sua personale discesa agli inferi, capace di dimostrargli, una volta per tutte, la sua vera natura ma soprattutto che cos’è realmente capace di fare un uomo quando è davvero disperato.

Io sono Red Baker è un libro crudo, onesto e sincero che racconta, senza filtri e senza remore, le mille sfaccettature dell’animo umano soprattutto quando si ritrova preda di eventi duri e catastrofici come può essere, appunto, la perdita improvvisa del lavoro e leggendo questo libro di Robert Ward, scritto più di trent’anni fa, è inevitabile non fare un paragone con i nostri tempi attuali, così simili, duri e pieni di incognite e, allo stesso tempo, dimostra che non c’è vita che non meriti di essere vissuta anche quella costellata di dubbi e di ostacoli poiché la differenza la fa sempre e comunque la maniera e lo spirito con cui si affronta tutto.

Io sono Red Baker, Robert Ward, Barney Edizioni, 2014 pp. 346. Traduzione Nicola Manuppelli.

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