Intervista a Martino Ciano: tra giornalismo, letteratura e filosofia
Martino Ciano è un giornalista e scrittore calabrese, con una forte passione per la letteratura, per la filosofia e per la scrittura.
Nel 2018 è uscito “Zeig” il suo primo romanzo pubblicato da Giraldi Editore che ha avuto un riscontro più che positivo da parte dei lettori e della critica.
Un libro dove realtà e immaginazione si fondono quasi alla perfezione, mostrando una società piuttosto alienata e un futuro disastroso, avviato al totale fallimento ma soprattutto dannatamente possibile.
Zeig di Martino Ciano: trama e ambientazione
Marcelo, il protagonista di Zeig di Martino Ciano, è il simbolo perfetto dei suoi tempi moderni – costituiti da un’umanità votata al lavoro, alla totale mancanza di pensiero ma soprattutto al consumismo e al benessere diffuso che ne deriva- e mosso solo ed esclusivamente dal suo lavoro in una fabbrica che provvede a soddisfare tutti i bisogni materiali di ogni operaio – soffocandone qualsiasi desiderio, passione o spirito critico -, a tal punto da anestetizzarne totalmente la coscienza.
Contrapposta a Colpaca – la cittadina immaginaria nella quale Marcelo vive e lavora – vi è Redimos ovvero il luogo nel quale vivono i confinati, gli artisti, gli intellettuali, gli scrittori e, più in generale, i sognatori e quando Marcelo, durante una pausa forzata dal suo lavoro in fabbrica, entra in questa dimensione, svestendo i panni di Marcelo e indossando quelli di Zeig, vengono fuori interrogativi piuttosto scomodi e che offrono, al lettore, diverse chiavi di lettura.
Martino Ciano, attraverso questo suo libro – e con uno stile asciutto, affilato e un po’ folle – ci conduce in un viaggio che ha come filo conduttore lo sdoppiamento, la visione di una società ai limiti e l’eterno paradigma costituito dallo status: lavoro/benessere/consumo.
Da bambino cosa sognavi di diventare “da grande”?
Non me lo sono mai chiesto, sinceramente. Da bambino mi divertivo a essere un bambino. Mi piaceva giocare a pallone, mi piaceva correre per i campi e trovavo noioso il mondo dei “grandi” e, sinceramente, nonostante i miei 38 anni, lo trovo ancora noioso, soprattutto in questo periodo di quarantena forzata.
Qual è stato in assoluto il primo libro che hai letto e che ricordi?
La mia avventura con i libri è iniziata a 17 anni con Giovanni Episcopo di Gabriele D’Annunzio. Lo comprai su una bancarella, infatti, mi piacque proprio perché era rovinato, con le pagine ingiallite, e poi, leggendolo, ho scoperto che alcune mie “opinioni” sulla vita e sulla morte erano simili a quelle del protagonista. Da lì ho capito che i libri ti parlano e, a volte, vengono a cercarti.
Come sei stato scoperto dai tuoi editori?
Mi hanno scoperto tramite le mie recensioni, tramite gli articoli che scrivevo, tramite una chiacchierata. Da questo punto di vista sono stato fortunato. È bello quando sono gli altri a riconoscere qualcosa di buono in ciò che fai, poi, per me, è stata proprio la cosiddetta “manna dal cielo”, perché non sono molto bravo a promuovermi, anzi, sono negato. Mi piace stare nascosto. Dico sempre, “servono le idee, se sono buone, non i personaggi”.
Hai qualche mania come scrittore?
Ecco, la prima mania che non ho è considerarmi uno scrittore. Per il resto, più che “manie” ho un rito. Scrivo la sera, dalle 21.30 in poi e solo dopo aver indossato la mia tuta grigia.
Un film, un libro e una canzone che ami o che più ti rappresentano?
Come film: Il metafisico Blade Runner; come brano: Phantom of the Opera degli Iron Maiden; come libro: Rumore Bianco di Don DeLillo.
Un motivo per il quale consiglieresti a tutti di leggere i tuoi libri?
Proprio perché non c’è nessun evidente motivo per leggermi, vi consiglio di leggere l’unico libro che ho scritto, ossia, Zeig.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Dovrò scegliere cosa fare di un romanzo e di circa tre quaderni a quadretti pieni di appunti, storie abbozzate e pensieri.