Un’ altra occcupazione di Joshua Cohen: cosa non ha funzionato nel libro?

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Joshua Cohen

Con la letteratura ebreo-americana non sono mai andata molto d’accordo, basta pensare che il mio primo – e attualmente ancora unico tentativo – con i racconti di Bernard Malamud non è andato a buon fine e che a Philip Roth sono giunta piuttosto tardi e solo dopo la sua morte – avvenuta lo scorso 22 maggio 2018 – e ora, ritrovarmi a leggere Joshua Cohen è stato un po’ come giocare una partita a carte con la paura di avere sempre la mano sbagliata.

Joshua Cohen
Joshua Cohen

Joshua Cohen, scrittore newyorkese classe 1980, è considerato uno dei più promettenti autori ebreo-americani e il suo ultimo romanzo Un’altra occupazione era atteso in Italia con una certa trepidazione e da uno stuolo di pareri molto positivi che però confesso non sono riuscita totalmente a comprendere e a giustificare.

Un’altra occupazione è sicuramente un libro scritto meravigliosamente bene, impeccabile sotto molti punti di vista e una spanna al di sopra di molta robaccia che inonda gli scaffali delle librerie ma sfortunatamente l’ho trovato dispersivo in alcuni punti e ho fatto davvero fatica a stare dietro agli eventi narrati da Joshua Cohen in questo suo ultimo libro.

Un’altra occupazione di Joshua Cohen: trama e personaggi

Joshua Cohen nel suo Un’altra occupazione racconta infatti la storia di David King, un ebreo che grazie alla sua caparbietà e al suo fiuto per gli affari, mette in piedi la King Traslochi, una delle aziende più quotate del settore e impegnata nello sfrattare gli inquilini morosi e nel confiscarne i beni personali. Eppure, la vita di David King, che sembra apparentemente tranquilla e spensierata nonostante un matrimonio fallito e la presenza di una figlia ribelle, problematica e menefreghista, viene letteralmente stravolta dall’arrivo di un giovane e lontano cugino direttamente da Israele.

Yoav, questo è il nome del giovane soldato, dopo la fine delle consueta esperienza nell’esercito israeliano decide infatti di trascorrere un anno sabbatico proprio negli Stati Uniti ospite di suo cugino David King che, oltre all’alloggio, gli offre persino un lavoro.

Certamente, per Yoav, non è affatto semplice ambientarsi a New York soprattutto quando non si è mai stati lontani da Israele e le differenze sono così nette e sostanziali, eppure il ragazzo di impegna molto e lavora sodo pur di riuscirci o almeno così sembra essere fino all’arrivo del vecchio compagno di squadra Uri.

Un’altra occupazione: cosa non ha funzionato?

E proprio l’arrivo di Uri negli Stati Uniti è un elemento che mi ha un po’ destabilizzato durante la lettura poiché l’ho lasciato rinchiuso nella sua cameretta in Israele – impegnato tra flessioni e autoerotismo – e me lo ritrovo a lavorare fianco a fianco con Yoav e dunque, viene spontaneo domandarsi come cavolo sia arrivato fin lì e cosa lo ha spinto a raggiungere quell’amico a cui, durante un combattimento armato, aveva salvato la vita?

All’interno di Un’altra occupazione, infatti, i personaggi entrano ed escono ripetutamente di scena e molto spesso si fatica a seguire gli avvenimenti e a capire se si tratta di un flashback – ne troviamo diversi disseminati tra le pagine – oppure di un fatto che sta accadendo in quel preciso istante.

Spesso ho avuto l’impressione che Joshua Cohen narrasse un po’ gli eventi a braccio e senza la particolare necessità di dar loro un filo logico e con l’obiettivo di tenere costantemente impegnato il lettore nel ricostruire i pezzi del puzzle: tanta la carne messa sul fuoco e altrettante le divagazioni, scarsa la gestione delle due cose.

Davvero buona la scrittura e altrettanto buona la profondità e la sensibilità che si evincono dalle pagine, soprattutto nel trattare argomenti che sono ormai all’ordine del giorno e presenti nei fatti di cronaca quotidiana – il razzismo, l’emigrazione e l’eterno conflitto tra israeliani e palestinesi – ma a convincermi un po’ meno è stato il modo in cui Joshua Cohen ha concepito il libro: buona la prima parte ma estremamente dispersiva la seconda, da segnalare una sorta di ripresa sul finale quando però risulta ormai troppo tardi anche solo salvare il salvabile.

Un’altra occupazione, Joshua Cohen, Codice Edizioni, 2018 pp. 272. Traduzione Claudia Durastanti.

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