Raymond Carver: i sette punti chiave che rendono unici i suoi racconti

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raymond-carver-librofiliaSe penso a Raymond Carver lo immagino sempre seduto su un grosso masso a ridosso di una scogliera, raggomitolato in un trench logoro e circondato da un sottile strato di salsedine. Le spalle leggermente curve e le ginocchia a sfiorare il petto, mozziconi di sigarette sparse intorno ai suoi piedi grandi e lo sguardo perso nell’orizzonte.
Intorno alla sua figura poderosa vedo inoltre ruotare vicende spesso insulse o poco rilevanti e personaggi quasi sempre confusi e incapaci di stare al mondo, entrambi gli elementi li vedo poi riconoscersi, scegliersi e incastrarsi alla perfezione proprio come dentro una danza tribale di cui noi comuni mortali non possiamo di certo udirne il suono, né impararne le movenze.

Ci sono infatti libri e autori che piombano nella tua vita all’improvviso come un temporale in piena estate e tu non puoi fare altro che accoglierli esattamente come faresti con un buon amico che ti telefona nel cuore della notte solo perché ha bisogno di parlarti, fosse pure di cazzate.
Questi arrivano senza preavviso e sconvolgono tutte le tue congetture poiché dopo di essi non puoi far altro che metterti alla ricerca di altri libri o di autori simili, anche se già sai che la tua ricerca sarà vana perché è impossibile imitare o replicare qualcosa.
Personalmente sino ad ora, una cosa del genere mi era successa con le opere di due autori immensi e geniali, molto diversi fra loro eppure molto simili: John Fante prima e Raymond Carver dopo ma so benissimo che capiterà ancora e poi ancora.

Leggendo e rileggendo le raccolte dei racconti di Raymond Carver, vivisezionandoli, passandoli sotto il microscopio e analizzandone le diverse sfaccettature è davvero difficile comprendere da dove deriva la grandezza e la bellezza, eppure sai benissimo che c’è, che è lì, esattamente sotto i tuoi occhi, racchiusa fra le pagine che stringi fra le tue mani.
E quando hai bisogno di rimirarne la bellezza, di affermarne la presenza basta aprire a caso una sua raccolta e leggerne le prime righe che ti capitano sotto gli occhi.
Fra le mie raccolte di racconti preferite di Raymond Carver un posto speciale spetta quasi certamente a tre gioiellini.

vuoi-stare-zitta-per-favore-raymond-carver-librofiliaVuoi star zitta per favore? (1976)

Vuoi star zitta, per favore? è la prima raccolta ufficiale dei racconti di Raymond Carver.
Storie brevi e lampanti che raccontano le ipocrisie, i rapporti familiari spesso conflittuali e incompresi, le menzogne, le paure e tutti i piccoli drammi e i tormenti del quotidiano a cui l’umanità intera è costretta a sottostare, ricorrendo sempre a quello stile scarno, crudo, asciutto e molto diretto che renderà Carver unico, immenso e modello per gli scrittori a venire.
I protagonisti dei racconti contenuti in Vuoi star zitta per favore? sono sempre persone comuni, umili e modeste che vivono le loro misere esistenze sentendosi sempre inadeguati nei confronti di una vita e di una società che li tratta come merce di scarto e alla quale loro non possono o non riescono a stare al passo poiché gli eventi sono sempre una spanna sopra le loro possibilità economiche e sociali.

di-cosa-parliamo-quando-parliamo-d-amore-raymond-carver-librofiliaDi cosa parliamo quando parliamo d’amore (1983)

A questa raccolta sono particolarmente affezionata perché è in assoluto la prima che lessi e quella che mi fece immediatamente innamorare del suo stile e della sua scrittura.
I protagonisti di Di cosa parliamo quando parliamo d’amore appaiono reietti, relegati ai loro disturbi e alle loro ossessioni, a tal punto da subire gli eventi piuttosto che viverli in prima persona. Tutti accomunati dalla loro passione viscerale per l’alcool che sembra urlare tutto il loro disagio interiore, nella speranza magari di distorcere la realtà e di far apparire le cose sotto una diversa prospettiva.
Anche in questi racconti c’è la povertà, la disillusione, l’incapacità di preservare il denaro cosi come i sentimenti, l’angoscia, la totale mancanza di speranze per il futuro e il disprezzo verso il passato ma il protagonista assoluto –oltre all’alcool- resta comunque l’amore, rappresentato in ogni suo aspetto e forma ma con una particolare attenzione verso quello totalizzante, viscerale, passionale e a tratti violento, quello insomma che non lascia scampo ma solo lividi e cicatrici, spesso invisibili ma che finiscono sempre per segnare l’esistenza dell’individuo.
Raymond Carver in Di cosa parliamo quando parliamo d’amore attraverso la sua penna tenta infatti di parlare dell’amore a modo suo, analizzando ogni aspetto e ogni sfumatura, comprese quelle più opache e invisibili.

cattedrale-raymond-carver-librofiliaCattedrale (1983)

Cattedrale è la raccolta di racconti pubblicata poco prima della sua morte e molto probabilmente è quella stilisticamente meno essenziale o come direbbe qualcuno meno minimalista ma quasi certamente è la più intensa e potente ma soprattutto è quella che più di ogni altra ha svuotato Raymond Carver sia per la potenza delle storie narrate sia per l’avvicendarsi della malattia che lo lasciava inerme alla sua scrivania, sempre più stanco e nervoso.
I dodici racconti che compongono Cattedrale sono grosso modo come il resto della produzione letteraria di Carver ovvero racconti nei quali non succede assolutamente nulla di rilevante perché tutto è accennato, velato e dove non è quasi mai fondamentale il momento esatto nel quale il lettore viene introdotto nella storia eppure proprio al lettore spetta il compito più ingrato: fissare il tassello mancante e dare una propria personale interpretazione a tutto ciò che Carver ha suggerito nel racconto e ribadisco suggerito, non detto o scritto.
Infatti è proprio il lettore che deve decidere cosa ne sarà di Wes e di sua moglie ora che il vecchio Chef del racconto intitolato appunto La casa di Chef ha deciso di sfrattarli; oppure se la Sandy di Conservazione riuscirà o meno ad arrivare in tempo per quella benedetta asta o addirittura che ne sarà del povero Myers ritrovatosi all’improvviso e per errore in uno scompartimento di seconda classe su di un treno diretto chissà dove nel racconto Lo scompartimento.
In Cattedrale ho avvertito inoltre un’impazienza e un’ umanità assolutamente nuova e inedita per la poetica di Raymond Carver alla quale siamo sempre stati abituati, come se lo stesso Carver –ormai minato nel corpo e nell’anima dal cancro- avvertisse l’urgenza di limare la propria indole e affidarsi ad una qualsiasi speranza, fosse pure la spalla dell’amata moglie Tess Gallagher o il fedele e immancabile bicchiere.

I racconti di Raymond Carver sono unici per svariate ragioni ma tra le caratteristiche che apprezzo maggiormente ci sono:

  • la bravura nel fissare un istante
  • il senso di sospensione e precarietà, esattamente come se dovesse abbattersi una catastrofe imminente
  • la presenza di personaggi di cui quasi mai si conosce il colore degli occhi o dei capelli ma di cui si conoscono invece le lacerazioni profonde dell’anima, i turbamenti, i segreti e tutte quelle piccole o grandi ferite ben nascoste sottopelle
  • il desiderio assoluto di libertà
  • la materializzazione improvvisa dei personaggi, perché mentre leggi i racconti è possibile ascoltare i loro battiti o annusare i loro respiri e quasi sempre odorano di alcool e tabacco
  • la descrizione fedele dell’America e dell’American way of life
  • la non arrogazione di soluzioni o di scorciatoie ma la unica attitudine a mostrare spaccati di vita vera, quella che bella o brutta dev’esser comunque vissuta fino in fondo.

Vuoi star zitta per favore?, Raymond Carver, Einaudi, 2012 pp.244. Traduzione Riccardo Duranti.
Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, Raymond Carver, Minimum Fax, 2001 pp. 151. Traduzione Riccardo Duranti.
Cattedrale, Raymond Carver, Einaudi, 2014 pp.232. Traduzione Riccardo Duranti.





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