Oltre il fiume di J.R. Moehringer ovvero quando un fiume è vita

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4173-Sovra.inddCredo che per qualche strana e assurda legge del contrappasso quanto più breve è un libro tanto risulta più difficile parlarne e riassumere il tutto in poche righe.
Leggendo questo libro davvero breve ma intenso -poco meno di 100 pagine e quindi potrebbe benissimo esser definito un racconto lungo- di J.R. Moehringer mi rimbomba costante nella mente una frase rinvenuta leggendo ormai qualche anno fa Siddharta, il capolavoro pluri-citato dello scrittore Hermann Hesse che grosso modo recita così:

“Anche questo ho imparato dal fiume: tutto ritorna”

e quello della ciclicità o meglio della “rotondità” è un po’ tutto il mood di Oltre il fiume, pubblicato per la prima volta nel 1999 nonché vincitore del prestigioso Premio Pultizer e finalmente giunto anche in Italia grazie a Piemme.

Gee’s Bend è una piccola penisola a forma di U situata a ridosso del fiume Alabama ed è un caso straordinario per l’intera storia dei neri poiché è l’unico luogo in cui gli schiavi si sono riappropriati dei terreni nei quali per secoli sono stati schiavizzati e tutto questo per anni ha attirato a Gee’s Bend fotografi, studiosi, sociologi o semplici curiosi provenienti da ogni parte del mondo e pronti a studiare e testimoniare il fenomeno ma sfumata quell’ondata di morbosa curiosità e crollato inesorabilmente il mercato del cotone a Gee’s Bend è rimasta solo fame e miseria, come sempre del resto.

A Gee’s Bend infatti il tempo sembra essersi fermato e ormai qui sono rimasti solo i morti e i vecchi –come se fra le due categorie ci fosse poi qualche differenza- e né la Guerra Civile né la visita di Martin Luther King sono riusciti a smuovere nulla perché a Gee’s Bend non ci sono più i giovani e quei pochi che sfortunatamente vi sono rimasti, sognano di andare via al più presto.

Forse è tutta colpa di quel maledetto fiume dalle acque torbide che divide i neri dai bianchi da ben 180 anni, tanto che gli abitanti di Gee’s Bend detti pure benders hanno imparato a non aspettarsi nulla di buono da quel fiume che riserva loro solo brutte sorprese: siano bianchi o la morte, tanto non fa alcuna differenza.

C’era però un tempo in cui un traghetto –in realtà poco più grande di una zattera- univa le due sponde del fiume affinché i neri potessero soddisfare le piccole necessità primarie come fare la spesa o recarsi dal medico e solo per pochi istanti alle due razze era concesso di urtarsi reciprocamente ma quando Martin Luther King con la sua visita e con il suo carisma esortò gli abitanti di Gee’s Bend a ribellarsi e a marciare nelle strade per il riconoscimento dei loro diritti, per tutta risposta il traghetto venne abolito e i benders vennero ancor di più confinati.

E quando all’improvviso un bianco –mosso forse dai rimorsi di coscienza o dall’incedere dell’età- decide che forse è il caso di ripristinare quel vecchio collegamento fluviale a Mery Lee –una donna piegata dagli acciacchi, dal dolore e da un matrimonio violento nonché voce narrante della triste storia- sale il sangue al cervello perché nonostante essa sia una donna tonda, sorridente e coraggiosa di quei bianchi non si fida perché gliel’anno suggerito perfino i suoi sogni nei quali invece crede ciecamente.

E cosi mentre l’acqua del fiume continua a scorrere imperterrita portando con sé segreti, speranze e ricordi funesti, Mary Lee sente che davvero sta arrivando qualcosa anche se non riesce a capire bene di cosa si tratta realmente ma dal momento che è ancora in vita tanto vale aspettare e vedere cosa succede, perché in fondo nessun maestro può insegnare meglio di un fiume che continua a scorrere e poi ancora a scorrere, nonostante tutto e che sia esso un ostacolo o un invito ad andare oltre.

Appena terminata la lettura di Oltre il fiume sei consapevole di esser dinanzi ad una piccola chicca e hai la consapevolezza e la paura – nonostante la misera mole delle pagine- di non aver carpito appieno tutto quello che J.R. Moehringer voleva suggerirti.

Eh già, perché in Oltre il fiume, J.R. Moehringer non punta il dito contro nessuno né prende le difese dell’altro ma si limita semplicemente a raccontare una storia breve, intensa e dolorosa che capisci non si limita al solo razzismo ma c’è pure dell’altro, molto altro.

J.R. Moehringer, Oltre il fiume, Piemme 2014, pp. 93. Traduzione Giovanni Zucca.




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4 Replies to “Oltre il fiume di J.R. Moehringer ovvero quando un fiume è vita”

    1. Guarda confesso che è la prima volta in assoluto che mi misuro con la scrittura di Moehringer e posso dire che come prima volta è andata davvero alla grande. Mi è piaciuto molto questo piccolo libricino soprattutto per tutto quello che resta sospeso in mezzo alle righe del libro e che il lettore deve cercare di carpire…

  1. condivido ogni singola parola chiara, è lo stesso effetto che ho ricevuto dalla lettura di oltre il fiume: sei dentro la storia, vedi il fiume scorrere ma non lo attraversi in pieno .. c’è un dolore muto, una curva degli eventi che scorre, l’evoluzione (involuzione) degli uomini e del loro coraggio, si prova empatia per la forza di mary lee ma sempre con distacco come fossimo dall’altra parte della riva e il fiume fosse solo una fotografia, scura e mossa, che non ci toccherà .. molto meglio il moehringer narratore, sutton e il bar delle grandi speranze sono due opere formidabili, quelle storie che ti cambiano e ti entrano sottopelle

    1. …e che io conto di recuperare presto. Ho grandi aspettative su “Il bar delle grandi speranze” e poi amando molto la boxe (strano ma vero) non vedo l’ora di leggere “Il campione è tornato” pubblicato solo poche settimane fa. Tu l’hai già letto?

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