Nulla, solo la notte di John Williams: la cronaca di un fallimento giovanile
Faccio parte di quel numerosissimo esercito di persone che ha amato Stoner, il capolavoro di John Williams, quasi alla follia e a tal punto da emozionarsi, e non poco, alla fine del libro e perciò quando ho saputo che sarebbe stato pubblicato il libro d’esordio di questo autore, mi sono gettata quasi a capofitto sul libro, sapendo che sarebbe comunque stata un’ottima lettura.
E come spesso purtroppo accade: non è stato così, poiché questo libro non mi è affatto piaciuto. Anzi, semmai tutto il contrario.
Nulla, solo la notte è un romanzo breve – poco più di 100 pagine – che narra un giorno d’estate della vita di Arthur Maxley, un giovane inquieto e sensibile, tormentato dai ricordi della sua infanzia, ossessionato dalle visioni della defunta madre e dal rapporto fallimentare con un padre da sempre assente.
Avrebbe pianificato ogni giorno a venire, riempiendo ogni singolo istante come se tracciasse una rotta su una cartina, in modo da non lasciarsi neppure un attimo di tempo per chiudersi in se stesso e ricordare.
Arthur Maxley vive infatti in una sorta di equilibrio interiore precario e instabile che lo porta a subire ogni evento della sua esistenza senza mai rendersi realmente responsabile delle sue azioni – atteggiamento questo che lo accomuna molto alla figura di Stoner – e soprattutto, senza riuscire mai ad esprimere le sue opinioni e le sue sensazioni.
E cosi, durante una notte ad alto tasso alcoolemico e schiacciato dalle cocenti delusioni, incontra una donna che dopo un misterioso corteggiamento lo condurrà verso una strana e spaventosa metamorfosi e questo libro giovanile, ne è praticamente la cronaca, intrisa da solitudine e da impotenza nei confronti della propria sorte.
Ecco che cosa univa gli uomini e le donne: non l’incontro delle loro menti e delle loro anime, non la congiunzione dei corpi nell’oscura follia della copula. Niente di tutto ciò. Era il bisogno sottile di creare un vinvolo, un legame più fragile del merletto più delicato. Era per questo che lottavano incessantemente – e sempre, in fondo, da soli; era per questo che si amavano e si odiavano, si avvicinavano e si separavano. Soltanto per quel piccolo filo, che non potevano mai misurare, per paura di distruggerlo; soltanto per quel filo delicato, che non potevano mai annodare, per paura di spezzarlo in due.
Nulla, solo la notte è un libro poco fluido che ho fatto fatica a leggere per via delle numerose digressioni e delle fantasiose visioni del protagonista e soprattutto per via di una fastidiosa distorsione del romanzo che pur essendo ambientato a San Francisco, mi restituiva invece una sorta di ambientazione, tipo Francia di fine ‘800.
Comprendo benissimo che Nulla, solo la notte è un romanzo d’esordio e quando, con un autore si compie un processo a ritroso può capitare questa sorta di delusione di questo tipo o forse, accade semplicemente quando ricerchiamo le tracce dei libri che ci sono piaciuti, all’interno di altri libri, concepiti sempre dalla stessa mente e scritti comunque dalla stessa penna, eppure così diversissimi e distanti fra loro.
Probabilmente è giusto così.
In fondo, la letteratura è anche questo e di certo, bisogna ammettere che non potrebbe esistere un grande capolavoro, senza alcuna opera minore.
Nulla, solo la notte, John Williams, Fazi Editore, 2014 pp.138. Traduzione Stefano Tummolini.