L’ isola dalle ali di farfalla: Tito Barbini, Paolo Ciampi tra Grecia e riflessioni

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Ci sono mete che appaiono come puntini microscopici sulle carte topografiche e che finiscono comunque per diventare veri e propri luoghi dell’anima. Luoghi che alla maggior parte delle persone non diranno nulla e non susciteranno alcuna emozione mentre per altri rappresentano invece moltissimo, soprattutto per via di tutto l’immaginario che vi abbiamo costruito intorno.

Io, ad esempio, nell’isola di Astypalea non ci sono ancora mai andata eppure mentre leggevo L’isola dalle ali di farfalla di Tito Barbini e Paolo Ciampi era come se fossi esattamente lì perché alcuni luoghi, alcune descrizioni e alcune sensazioni, quando si racconta della Grecia, finiscono per somigliarsi un po’ tutte ma soprattutto sono le stesse che provo quando penso a quella terra meravigliosa che profuma di storia e di libertà e che fa sentire più lievi e sempre pronti a spiccare il volo.

In fondo è come per i viaggi, almeno per i viaggi che meritano: ci si fa più semplici – e più leggeri – rispetto alla vita di tutti i giorni per accogliere la complessità dei luoghi e delle loro storie. Deve valere anche per questo Mediterraneo, che è intreccio e groviglio, che è separazione e commistione.

pp. 150

Alla Grecia sono personalmente legata in maniera viscerale, a tal punto da eleggerla a vera e propria patria spirituale: un luogo dell’anima che ogni volta mi rinfranca , mi carica e attraverso le cui storie e leggende mi sono sempre potuta riconoscere. Dopotutto forse è proprio a questo che servono tutte le storie: riconoscere, riconoscerci e farci sentire sempre al sicuro e protetti.

Astypalea

L’ isola dalle ali di farfalla è un libro che nasce dal fitto, arguto e vivace scambio di riflessioni a colpi di mail tra Tito Barbini e Paolo Ciampi, proprio mentre il primo di trova ospite di alcuni amici nell’isola di Astypalea  mentre il secondo è nella sua città e possiede come unica via di fuga l’amatissima montagna.

Ci piace l’idea della fuga, ma la impastiamo sempre col rimorso. Partiamo ma già consideriamo il ritorno. E quando capita, perché capita anche a noi, di vivere un momento perfetto, di quelli che basterebbero a se stessi, ecco, siamo noi a scuoterci e a spingere alla mossa successiva: dopo la quale tutto sarà più complicato.

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La fuga è, infatti, un tema che ricorre spesso nelle riflessioni di questi due amici di lunga data perché oltre a rappresentare un modo per salvare la propria pelle e la propria anima, diventa una vera e propria lente d’ingrandimento attraverso la quale osservare il mondo e tentare di comprenderlo meglio. E poterlo fare da un isola remota come Astypalea significa modificare i propri punti di osservazione, interponendo una giusta distanza e amplificando qualsiasi sensazione poiché essa rappresenta un microcosmo che si affaccia sul mondo, arrivando a diventare frontiera dell’anima.

La fuga non è il solo modo di salvare barca ed equipaggio, spesso permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all’orizzonte di acque tornate calme. Rive che saranno per sempre ignorate da coloro che hanno l’illusoria fortuna di poter seguire la scia dei carghi e delle petroliere, la rotta senza imprevisti imposta dalle compagnie di navigazione.

pp. 14

Tito Barbini e Paolo Ciampi sono entrambi intrepidi viaggiatori: uno con lo zaino sempre in spalla mentre l’altro attraverso i libri e la musica e tramite lo scambio di riflessioni raccolte ne L’ isola dalle ali di farfalla, cercano di tracciare un punto su ciò che non sono riusciti a diventare e su ciò che, invece, sono diventati in questo mondo così incattivito e la cui unica cosa da fare, per sopravviverci  dentro, è arrendersi al mutamento antropologico, soffrendo duramente per quel senso di rabbia ed impotenza che si generano per le cose che non possono essere cambiate.

È anche per questo che ho deciso di restare a lungo su questa isola. Perché un’isola è un microcosmo che si affaccia sul mondo intero. Perché il mare che la circonda ha abbondanza di storie non meno che di pesce. Perché soprattutto questo mare – il mare greco – mi dà il senso di poter riavvolgere un nastro e ripartire.

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Le riflessioni e i pensieri che Tito Barbini e Paolo Ciampi raccolgono ne L’ isola dalle ali di farfalla sono simili alla risacca delle onde che lambiscono l’isola di Astypalea, che provano a indicare una nuova strada da intraprendere – dopo essersi lasciati la vecchia alle spalle – ma soprattutto che cercano di colmare il vuoto e la distanza che li separa.

Divagare, ovvero uscire dalla via dritta, allontanarsi. Sono sempre più convinto che alla fine sia questo il modo migliore per raggiungere la meta: seguendo le linee oblique o curve, magari spezzate e poi riprese.

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E se è vero che la bellezza affonda sempre le proprie radici nel dolore e che il tempo antico finisce spesso per parlare anche a quello presente e tenta di rimodellare il futuro, possiamo affermare che la storicità e la bellezza della Grecia si annidano ovunque ma solo gli animi più sensibili e più profondi sono in grado di percepirle e di lasciarsene avvolgere.

La bellezza, mi dico, quasi sempre affonda le sue radici proprio nel dolore. E mentre ripeto questa frase già mi ritraggo, come le dita su una pentola che scotta.

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Leggendo L’isola dalle ali di farfalla di Tito Barbini e Paolo Ciampi ho compreso che nessun viaggio può definirsi tale se non prevede un ritorno e che la gratitudine, il senso di libertà, la nostalgia e la bellezza che si respirano dalle pagine di questo libro sono come un vero e proprio balsamo per l’anima e che anche un’isola dalle dimensioni estremamente ridotte, a volte, può essere ben più grande di un continente intero e soprattutto che può davvero cambiare e salvare la vita ad un individuo.

L’ isola dalle ali di farfalla, Tito Barbini e Paolo Ciampi, Edizioni Spartaco, 2020 pp. 175.

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