Richard Yates #8: Sotto una buona stella (1969)

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richard-yates-8-sotto-una-buona-stella-librofiliaHo sempre considerato i romanzi di guerra come troppo distanti da me e dal mio modo di concepire la lettura, probabilmente perché tutto quello che la guerra rappresenta – ieri come oggi – è qualcosa che non può esser semplicemente spiegato o riprodotto con le parole poiché le immagini che spesso fuoriescono dalle sommarie letture, sono blande e distillate, nonostante necessitino di lunghi e interi capitoli per spiegare l’evolversi di un’azione militare o di uno stato d’animo.

Ecco perché, leggere Sotto una buona stella – il romanzo di Richard Yates del 1969, pubblicato per la prima volta in Italia da Minimum Fax solo nel 2014 – era più che altro una sfida e una curiosità, dal momento che mi sono testardamente buttata nell’impresa di voler leggere l’intera produzione “yatesiana” e sia perché volevo capire se la penna di Richard Yates – che ritengo una delle migliori penne in assoluto – era capace di farmi assimilare e farmi apprezzare anche un argomento nudo e crudo come quello della guerra.
Beh, temo che sia inutile dire che anche questa volta lo scrittore di Yonkers è riuscito a fare centro poiché Sotto una buona stella è l’ennesimo libro che si aggiunge alla sfilza di capolavori targati Richard Yates.


Locandina propagandistica USA  (1944)
Locandina propagandistica USA (1944)



Quella narrata in Sotto una buona stella è la storia di un giovane sodato goffo e sentimentale, di nome Robert Prentice che viene mandato a combattere in Europa solo pochi giorni prima della fine del conflitto, causandogli un senso di delusione e di frustrazione, dal momento che non gli è stato possibile comportarsi da eroe sui campi di battaglia e non è riuscito nemmeno a conquistare quella corazza di gloria, di virilità e di rispetto che sperava di ottenere con la sua permanenza nell’esercito ma che al contrario è stata messa a repentaglio dalle sue sbadataggini e dalle prese in giro dei suoi compagni.

La scena era una rappresentazione quasi troppo esatta, troppo risibile, del suo ruolo in quel plotone: il tizio destinato a essere in ritardo per tutto, escluso da tutto, e infine relegato in un posto troppo basso per essere notato.



Allo stesso tempo però, in Sotto una buona stella è narrata anche la storia di Alice Prentice – la madre sensibile e apprensiva di Robert – una donna che da anni è in lotta con la vita poiché da sempre si trova relegata in un ruolo che la vuole ad un passo dal successo e contemporaneamente dal fallimento definitivo e che ha fatto della scultura la sua ragione di vita e che appunto, nell’attesa del meritato riconoscimento, colleziona sculture – nella speranza di una possibile mostra personale – fallimenti e debiti e che nonostante tutto, invece di trovare conforto nell’arte, lo cerca nella bottiglia.

Ma nell’appartamento c’era la bottiglia di whisky, più fedele di un’amica. Ancora col fiatone, dopo aver salito le scale, chiuse saldamente a chiave la porta dietro di sé e si versò un bicchiere di liquore liscio addirittura prima di togliersi il cappello.



Da quando infatti Robert Prentice è sotto le armi, il tempo per Alice Prentice sembra essersi definitivamente fermato e lei si sente più stanca, più vecchia e più dedita alla bottiglia del solito e il suo unico pensiero è quello di riavere presto a casa il suo unico e amato figlio.

Robert Prentice, si trova invece – seppur per pochissimi mesi – ad affrontare e a vivere ancora giovanissimo, tutte le crudeltà e le assurdità che una guerra comporta, soffrendo in silenzio per il trattamento arrogante e spietato dei suoi compagni e scuotendosi nel profondo per la visione dei tanti morti ammazzati o peggio, alla notizia, dell’ennesimo compagno caduto in un conflitto a fuoco.

Questa era la mia squadra; questi erano gli uomini con i quali avrebbe attraversato il fiume e trovato quel che rimaneva della sua opportunità di espiare, quel che rimaneva della guerra.



Ecco perché, se da una parte la notizia della fine del conflitto solleva l’animo di Robert Prentice, quello dei suoi compagni ma soprattutto quello della povera Alice Prentice, allo stesso tempo la notizia crea confusione e alte aspettative poiché tutti d’ora in poi, dovranno necessariamente reinventarsi, compresa Alice Prentice che rimarrà alquanto scossa e disorientata dalle ultime lettere ricevute dall’Europa e ovviamente firmate Robert Prentice.

Tutti sembravano felici tranne Prentice, che provava un fastidioso senso di insoddisfazione. La guerra era finita troppo presto. […] Ogni motivazione era scomparsa dalla sua vita. Adesso non gli restava altro da fare che continuare a esistere alla giornata, godendosi la pace e il lusso che sentiva di non meritare. E lo annoiavano e lo irritavano le rievocazioni instancabili, divaganti e pettegole che erano giunte a costituire il passatempo principale della compagnia.



Yates-Richard-librofiliaAnche in Sotto una buona stella, Richard Yates parte dall’apparente normalità e monotonia familiare per ampliare il suo orizzonte narrativo e per sottolineare come la famiglia può contemporaneamente dimostrarsi ali e zavorra per un qualsiasi individuo, esaltandone o soffocandone il carattere o le inclinazioni, o più semplicemente siglandone i successi o accollandosene i fallimenti.

E nessuno, meglio di Richard Yates, è in grado di scrivere di famiglia e alla famiglia e poco importa se i personaggi che popolano le famiglie delle storie di Yates sono persone schiacciate dalla vita, dai loro sogni e dalle loro ambizioni – spesso infruttuose – ma soprattutto dall’ansia di raggiungere ad ogni modo la felicità, o qualcosa che comunque le rassomigli.


Sotto una buona stella, Richard Yates, Minimum Fax, 2014 pp. 411. Traduzione Andreina Lombardi Bom.


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